contributi,  SPAZIO PERSONALE

Fonte Avellana – Scrivere dall’ombra. Per una poesia del ritorno

Di Paolo Pistoletti

Contributo pubblicato su Fonte Sorgente (Fara Editore 2023) – Incontro a Fonte Avellana luglio 2023. A cura di Alessandro Ramberti

La nostra casa, qui, è l’ombra. È l’aldiquà della luce – di quella vera – che noi non ritroviamo qui se non come riflesso. Se non come lontanissimo ricordo. Poiché il nostro esserci viene dall’essere. Viene da quello che noi siamo, ma non ancora. Per questo ogni volta “è tutto un ritorno anche se non sembra”. Tanto che poi noi cerchiamo di ricordare, attraverso ogni pensiero. Cerchiamo di ritrovare la vita fino alle parole. Anche attraverso l’essere – nello spazio tempo – della poesia.

E se la poesia è quello che è – è proprio perché la creazione continua. La poesia come continuazione del mondo è già in noi. La creazione non è mai finita, anzi ricomincia ogni volta, dal nulla. Dall’annientamento delle parvenze, a ogni liberazione. Così ogni volta il mondo aspetta di essere disincantato, di essere risollevato. Dal superamento del nostro stato attuale, che è quello riflesso. Il movimento parte quindi dal duale, ma è un volere verso il centro. Come una corrente unificante. Un procedere verso l’essenza del creato, per continuarlo. E al contempo un riportarselo all’indietro, in un ritorno verso l’in Sé.  Nel divenire quello che già siamo, anche senza saperlo. La materia dell’opera è cosmica. E la via è la via della conoscenza. Ma è anche la via del penetrare nel dolore. Quindi del lasciarsi sprofondare. Tornando a separare ogni volta il denso dal sottile.

Questo è l’essere proprio del nostro pensare meditativo e contemplativo. Un paradosso assoluto, poiché moto incessante mediante un’infinita stasi dell’origine. Un agire sollecitato dall’Io stesso. Dal principio, che è di per sé, “lo stante non cadente”. Il tutto accade ogni volta in noi mediante un delicatissimo riequilibrio, tra dentro e fuori. In un perenne ricombinato, tra tempo e non tempo.

Ma l’Io è il pronome più avversato dal pensiero diffuso. Così come il più detestato da certa poesia. Ma è il più mistificato proprio perché non riconosciuto. È “il veggente non veduto”, ma presente dietro ogni vicenda umana. Dietro ogni destino.

E va anche ripetuto, a scanso di equivoci, che la poesia non può essere, qui, il fine. Ma può essere solo uno [altissimo] strumento umano – per l’umano. Del resto, la ricerca poetica si svolge al di qua di ogni assoluto. Si svolge nell’ambito della molteplicità. Nella dimensione della disgregazione dell’Io.  “Al di qua dell’Io sono”. Ogni io contingente infatti è solo “il riflesso di un riflesso” del Sé. E l’io lirico è lo stesso io contingente, che ogni volta tenta di risollevarsi verso la sua origine, però inconsapevolmente, quindi ogni volta dimenticandosi di sé. Ogni volta ripiegandosi verso quello che non è. 

Così è tutto in noi percepito come nostos, come nostalgia, come desiderio profondo e sofferto di ritornare.  Ed è da di qua, quindi, che nasce la poesia del ritorno. Quella che proviene dal pensiero immaginale. Frutto anche di una retta concentrazione, meditazione, contemplazione. Nel tentativo di riportarsi ogni volta dal pensiero caduto al pensiero vivente. Come un circolo continuo. Ma qui è l’anima che media tra il logos e il corpo. E per converso tra “la poesia e lo spirito”. Che poi anche l’anima è, del resto, oramai la più misconosciuta delle realtà, insieme alla sua origine.

Ma a volte succede che, nella scissione interiore e nella lacerante pluralità del noi, “nell’ora e nel qui”, riemerga “come un ricordo. / Di essere stato accompagnato anch’io come da altre vite”. È il sempre che ci avverte, come un presentimento, della necessità del nostro ritorno.

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Tre poesie del ritorno, da “Al di qua di noi”

Chiudo con tre poesie dal mio recente libro Al di qua di noi (Arcipelago itaca Edizioni 2023). La prima e l’ultima, qui di seguito, sono quelle che aprono e chiudono anche il libro. Lo aprono e lo chiudono sempre con lo stesso pronome: “Io” – sì, ma io chi?

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Dalla Sezione DENTRO E FUORI LA CASA

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[chi da per sempre
torna chi parte
sono
]

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Io che poi la strada
prende il mio posto.
Tu che poi io
via alberata
sostituisci me.
Che mi fui affidato
da nessuna pietà celeste.
Che chi ho qui ha di nuovo
male alle foglie, alle case
alle mura.
Che da fuori del temporale
ho già l’aria
di chi non c’è.
Dall’incessante giungo.
A lui ritorno.
Fine pena mai.
Si carica un altro mondo
da qualche altra parte
che non so. Così un altro io
che sarò stato
si sottrae dal mio nome.
Mi manchi all’appello mia dispersione
tra gli innumerevoli.
È l’ora
di non esserti più.


È l’ombra di andarsene.
Del mio tempo
verso dentro
una terra liquida
prima di nascere. Postumi dal cielo
amniotico
tra le acque rotte
mi ritrovo ogni volta
nato come dopo una sbronza
di dèi. Ancora un io vuoto
a perdere
un corpo
da ogni mio corpo come un estratto
da ognuno di me.
Mi succedo dal mio sé.
Dal non ricordo oramai
di quante vite.

*

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Dalla sezione HANNOVER

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È tutto un ritorno anche
se non sembra sarà
stata quella su quei binari
la grande ruota dell’essere
riportati qui.
Da di qua su rotaia la nostra
era fin dal principio
un solo luogo presso ogni io
che già stavo alla stazione centrale
di Firenze S. M. Novella con Francesco
in quella volta che si girava
come una terra senza mai
un mare


– d’erba
la nostra
Umbria tutta intorno
all’ottantuno. Nell’Hannover
di un altro viaggio in un altro
giorno come di un’altra città
in noi dal fondo
del convoglio sempre più fino
al nostro vano. Chissà se esiste davvero
il nostro posto
ci chiedevamo come
da altre vite.

*

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Dalla sezione ANCORA UN PRELUDIO

Da prima di me

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in principio c’era un’era, ma dopo non più.
Sui vetri solo nulla. E punto lo sguardo sul doppio
di quello che non sono, nulla sui vetri. Ma c’è
un al di qua. Ma c’è un ancora chi
mi chiedo


A quel tempo
ci vestivamo sempre da montagna.
Anche fuori stagione ci cercavamo
da taglie enormi
e scarponi grossi. Ci risaliva
il colore dei boschi. Come da sotto al mondo
un rovesciamento siderale
radici in alto fronde giù. Poi di nuovo sopra
inerpicati in cima
ai nostri corpi come alberi
uccelli astri dall’etere.


E mi ricordo altrimenti di me.
Dal di qua
di ogni accaduto
come dal dopo di un immemorabile
discesa.


Dentro una carrozza lungo la ferrovia
da lì riemerso
dal mio maglione fatto a mano
mentre guardavo
il cielo era più di una volta celeste
che mi guardavo
riflesso sul finestrino.
Un controsenso dentro
ai miei occhi innumerevoli
stelle da dietro la notte
un delirio
la mania di grandezza del mondo
in cui mi ritrovavo
non so con chi


in un treno ombra come in un sogno
da prima di me, preceduto
dal mio sé
nei ritorni. Lo stesso
treno perduto da sempre
fino a restare
solo ovunque
da qui, ma come se fossi
un altro io.

Biografia

Paolo Pistoletti lavora nella biblioteca comunale di Umbertide. Terminati gli studi in Giurisprudenza e in Teologia ha continuato ad approfondire i contenuti di alcune correnti spirituali d’oriente e d’occidente, ampliando, allo stesso tempo, la sua ricerca poetica. Nel corso degli ultimi anni, suoi contributi, sulla poesia e la parola, sono stati pubblicati da Fara Editore e dalle Edizioni CFR. É stato condirettore della collana di scrittura, musica e immagine “La pupilla di Baudelaire” della casa editrice Le loup des steppes. In poesia ha pubblicato Legni (Ladolfi Editore, 2014 – Premio “Oreste Pelagatti” 2015), il libro d’arte Borgo San Giovanni (Fiori di Torchio, Seregn de la memoria, 2018). Al di qua di noi (Arcipelago itaca Edizioni, 2023) è la sua ultima raccolta. Ha di recente fondato e cura: ilcipressobianco.it – un blog di poesia, dai prolegomeni all’oltre.

AA.VV, Fonte sorgente, a cura di Alessandro Ramberti, (Fara Editore 2023) pp. 272 https://www.faraeditore.it/nefesh/Fontesorgente.html

articoli collegati:

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Il paesaggio della parola – il Cipresso Bianco

Fonte Avellana – il pensiero immaginale, tra meditazione e poesia – il Cipresso Bianco

Paolo Pistoletti, Al di qua di noi (Arcipelago itaca edizioni 2023). Prefazione di Fabio Franzin

lavora in biblioteca. Terminati gli studi in Giurisprudenza e in Teologia ha continuato ad approfondire i contenuti di alcune correnti spirituali d’oriente e d’occidente, ampliando, allo stesso tempo, la sua ricerca poetica. Nel corso degli ultimi anni suoi contributi, sulla poesia e la parola, sono stati pubblicati da Fara Editore e dalle Edizioni CFR. É stato condirettore della collana di scrittura, musica e immagine “La pupilla di Baudelaire” della casa editrice Le loup des steppes. In poesia ha pubblicato Legni (Ladolfi Editore, 2014 - Premio “Oreste Pelagatti” 2015), il libro d'arte Borgo San Giovanni (Fiori di Torchio, Seregn de la memoria, 2018). Al di qua di noi (Arcipelago itaca Edizioni, 2023) è la sua ultima raccolta.

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