POETI

Giorgio Caproni – una poesia da Il passaggio d’Enea

STORNELLO

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Mia Genova difesa e proprietaria.

Ardesia mia. Arenaria.

Le case così salde nei colori

a fresco in piena aria,

è dalle case tue che invano impara,

sospese nella brezza

salina, una fermezza

la mia vita precaria.

Genova mia di sasso. Iride. Aria.

*

Dalla nota finale di Giorgio Caproni a “Il passaggio d’Enea”

[…]

Tale Terzo libro, così isolato dal resto, potevo finalmente riconsiderarlo, «con sufficiente distacco, come indicativo a me stesso della direzione – credo rimasta determinante – della mia ricerca negli anni che  pressappoco corrono, piccole appendici e digressioni a parte, dal ’43 al ’54. Anni per me di bianca e quasi forsennata disperazione, la quale proprio nell’importance formale della scrittura (uso la parola importance nell’accezione meno traducibile), e quindi nell’anch’essadisperata tensione metrica […] , forse cercava per via di paradosso,ma con lucida coscienza, e certo del tutto controcorrente rispettoalle altrui proposte e risultanze, un qualsiasi tetto all’intima dissoluzione non tanto della mia privata persona, ma di tutto un mondo d’istituzioni e di miti sopravvissuti ma ormai svuotati e sbugiardati, e quindi di tutta una generazione d’uomini che, nata nella guerra e quasi interamente coperta – per la guerra – dai muraglioni ciechi della dittatura, nello sfacelo dell’ultimo conflitto mondiale, già in anticipo presentito e patito senza la possibilità o la capacità, se non in extremis, d’una ribellione attiva, doveva veder conclusa la propria (ironia d’un Inno che voleva essere di vita) giovinezza.

[…] A proposito del Passaggio aggiungerò, se può interessare, che l’idea del poemetto mi nacque guardando il classico monumentino ad Enea che, col padre sulle spalle e il figlioletto per la mano, stranamente e curiosamente, dopo varie peregrinazioni, a Genova è finito in Piazza Bandiera presso l’Annunziata, una delle piazze più bombardate della città.

Giorgio Caproni, da Il passaggio d’Enea, Vallecchi, 1956

Poesia e nota finale da L’opera in versi (I Meridiani, Mondadori, 1998)

Foto di Dino Ignani

Giorgio Caproni (Livorno 1912 – Roma 1990). La sua poesia, formatasi nell’ambito dell’ermetismo ma con ascendenze al vocianesimo ligure (da Sbarbaro a Boine), ha mirato a immettere nelle rarefazioni analogiche, proprie del primo, il lievito di un autobiografismo tra risentito e gentile, tra alacre ed elegiaco, e nei modi della poetica della parola quelli della poesia tradizionale, trovando la sua soluzione più felice in un tono medio, di canzonetta fra classica e popolareggiante.

Biografia – da Enciclopedia Treccani online – La biografia completa qui: https://www.treccani.it/enciclopedia/giorgio-caproni/

lavora in biblioteca. Terminati gli studi in Giurisprudenza e in Teologia ha continuato ad approfondire i contenuti di alcune correnti spirituali d’oriente e d’occidente, ampliando, allo stesso tempo, la sua ricerca poetica. Nel corso degli ultimi anni suoi contributi, sulla poesia e la parola, sono stati pubblicati da Fara Editore e dalle Edizioni CFR. É stato condirettore della collana di scrittura, musica e immagine “La pupilla di Baudelaire” della casa editrice Le loup des steppes. In poesia ha pubblicato Legni (Ladolfi Editore, 2014 - Premio “Oreste Pelagatti” 2015), il libro d'arte Borgo San Giovanni (Fiori di Torchio, Seregn de la memoria, 2018). Al di qua di noi (Arcipelago itaca Edizioni, 2023) è la sua ultima raccolta.

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