Il fisiologo e la via dei bestiari
Una lettura solve et coagula
.
Il Fisiologo (Adelphi editore), a cura di Francesco Zambon, è uno scrigno ricolmo di tesori sotto forma di simboli, immagini, storie sedimentate. Ere nelle quali gli esseri umani avevano sicuramente una diversa attitudine animica. Una apertura altra, anche verso la natura. Certo, una visione del mondo, sul mondo, destinata inevitabilmente a mutare.
Ma è proprio questo che il testo sembra richiedere a chiunque lo voglia: una propensione diversa, una diversa modalità di lettura – più accorta, più meditata. Per estrarre quanto di perenne e vivo c’è in ogni sua pagina, in ogni sua riga.
[Dalla quarta di copertina]
Una intera, folta letteratura, quella dei ‘bestiari’ – il cui fascino oggi è ridiventato acutissimo, basti pensare alla Zoologia fantastica di Borges – risale a questo prezioso libretto, che ha avuto nella nostra civiltà un’influenza capillare, di cui ritroviamo le tracce nelle grandi opere dell’arte medioevale, in tante immagini poetiche tradizionali, infine nella selvaggia ‘storia naturale’ delle fiabe, dei proverbi e dei modi di dire.
Scritto, secondo l’ipotesi più accreditata, in Alessandria, e in ambiente gnostico, fra il II e il V secolo dopo Cristo da un autore ignoto, Il Fisiologo si articola in capitoletti stupendamente concisi, che descrivono i «costumi » di vari animali, comuni e immaginari, e le proprietà di alcune pietre: incontriamo così la iena ermafrodita, il castoro che si strappa i testicoli, la pantera dalla voce profumata, l’unicorno allattato dalla vergine, la vipera dal volto di donna che strappa la testa al maschio dopo la copula – e tante altre meraviglie, presentate come fatti elementari e indiscutibili. Ma non questo soltanto ci dice il Fisiologo: ognuno dei caratteri di cui parla è infatti anche una cifra simbolica, che permette di passare a significati ulteriori, enigmi divini e infernali, oscuramente scritti sul corpo della natura.
E in questa ‘lettura’ la dottrina cristiana assume spesso una coloritura gnostica e sembra combinarsi con i misteri greci ed egizi. Il lettore moderno troverà perciò in queste pagine non soltanto una purissima delizia letteraria e un inesauribile oggetto di curiosità, ma l’occasione per risalire alle origini di immagini che, giunte a noi come segni del mostruoso, del grottesco, del superstizioso e del ‘fantastico’, celano un sorprendente spessore di significati simbolici.
[…]
Il leone
[p 39]
Cominceremo parlando del leone, il re degli animali. Giacobbe infatti, benedicendo Giuda, ha detto: « Giuda è un giovane leone: dal germe, o figlio mio, sei venuto su » [Gen.,49.9], con ciò che segue.
Il Fisiologo ha detto del leone che ha tre nature.
La sua prima natura è questa: quando vaga e passeggia per la montagna e gli giunge l’odore dei cacciatori, con la coda cancella le proprie impronte, affinché i cacciatori, seguendole, non trovino la sua tana e lo catturino.
Così anche il Cristo nostro, il leone spirituale vittorioso, della tribù di Giuda, della radice di Davide, inviato dal Padre invisibile, ha nascosto le sue impronte spirituali, cioè la sua divinità. Fra gli angeli è divenuto angelo, fra gli arcangeli arcangelo, fra i troni trono, fra le potenze potenza, finché è disceso nel grembo della santa Vergine Maria, per salvare il genere umano smarrito, « e il Verbo si è fatto carne, e ha preso dimora fra di noi» [Giov.,1.14]. Per questo, non riconoscendolo coloro che son scesi dall’alto, hanno detto: « Chi è questo re della gloria?». E dice lo Spirito Santo: « È il Signore delle potenze, è Lui il re della gloria! » [Salmi, 23.8-10].
Seconda natura del leone. Quando il leone dorme nella tana, i suoi occhi vegliano: infatti rimangono aperti. Lo testimonia anche Salomone nel Cantico dei Cantici, dicendo: « lo dormo, ma il mio cuore veglia» [Cant., 5.2].
Così anche il corpo del Signore mio dorme sulla croce, ma la sua natura divina veglia alla destra del Padre: perché « non sonnecchierà né dormirà colui che custodisce Israele » [ Salmi, 120.4].
Terza natura del leone. Quando la leonessa genera il suo piccolo, lo genera morto, e custodisce il figlio, finché il terzo giorno giungerà il padre, gli soffierà sul volto e lo desterà.
Così anche il Dio nostro onnipotente, il Padre di tutte le cose, il terzo giorno ha risuscitato dai morti il suo Figlio, primogenito di tutte le creature, il Signore nostro Gesù Cristo, affinché salvasse il genere umano smarrito.
Bene ha quindi detto Giacobbe: « Si è sdraiato e ha dormito come un leone e come un leoncino: chi lo desterà? » [Gen., 49.9].
Il fisiologo (Adelphi edizioni 1975) – A cura di Francesco Zambon
*
immagine in evidenza – foto di Rottonara su Pixabay