ALTRA SAGGISTICA

Roberto Calasso su Charles Baudelaire – pensare il genio

L’oscurità naturale delle cose

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Da La folie Baudelaire (Adelphi editore) di Roberto Calasso, dal suo incipit, estraiamo i pochi elementi che ci permettono l’avvicinamento al genio di Baudelaire – al di là della sua personalità. La percezione del suo essere.

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Baudelaire proponeva alla madre Caroline incontri clandestini al Louvre: «Non c’è posto a Parigi dove si possa chiacchierare meglio; è riscaldato, si può rimanere in attesa senza annoiarsi, e d’altra parte per una donna è il luogo d’incontro più decente». La paura del freddo, il terrore della noia, la madre trattata come un’amante, la clandestinità e la decenza congiunte nel luogo dell’arte: soltanto Baudelaire poteva combinare questi elementi quasi senza accorgersene, con piena naturalezza. Era un invito irresistibile, che si estende a chiunque lo legga. E chiunque potrà rispondergli vagando in Baudelaire come in uno dei Salons di cui ha scritto o anche in una Esposizione Universale. Trovandovi di tutto, il memorabile e l’effimero, il sublime e la paccottiglia; e passando continuamente da una sala all’altra. Ma se allora il fluido unificante era l’impura aria del tempo, ora lo sarà una nube oppiacea, in cui nascondersi e corroborarsi prima di tornare all’aperto, nelle vaste distese, letali e pullulanti, del secolo ventunesimo.

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«Tutto ciò che non è immediato è nullo» (Cioran, una volta, parlando). Pur non facendo alcuna concessione al culto dell’espressione brada, Baudelaire ha avuto come rari altri il dono dell’immediatezza, la capacità di lasciar filtrare parole che subito scorrono nella circolazione mentale di chi le incontra e vi rimangono, talvolta allo stato latente, finché un giorno tornano a risuonare intatte, dolorose e incantate.

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«A bassa voce, ora conversa con ciascuno di noi» scrisse Gide nella sua introduzione alle Fleurs du mal del 1917. Frase che deve aver colpito Benjamin, se la troviamo isolata nei materiali per il libro sui passages. C’è qualcosa in Baudelaire (come poi in Nietzsche) di così intimo da annidarsi in quella foresta che è la psiche di chiunque, senza più uscirne. È una voce «smorzata come il rumore delle carrozze nella notte dei boudoirs ovattati», dice Barrès, ricalcando le parole di un occulto suggeritore che è Baudelaire stesso: «Non si sente altro che il rumore di qualche fiacre attardato e sfibrato». È un tono che sorprende «come una parola detta in un orecchio in un momento in cui non la si aspettava», secondo Rivière. Negli anni intorno alla prima guerra mondiale quella parola sembrava essere diventata un ospite indispensabile. Rintoccava in un cervello febbricitante, mentre Proust scriveva il suo saggio su Baudelaire inanellando citazioni a memoria come fossero filastrocche infantili.

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Per chi è avvolto e quasi intormentito dalla desolazione e dalla spossatezza, è difficile trovare di meglio che aprire una pagina di Baudelaire. Prosa, poesia, poemetti in prosa, lettere, frammenti: tutto va bene. Ma, se possibile, prosa. E, nella prosa, quella sui pittori. Talvolta su pittori oggi ignoti, dei quali ormai si conoscono soltanto il nome e le poche parole che Baudelaire gli ha dedicato. Lo osserviamo nella sua flânerie, mescolato a una folla sciamante e abbiamo l’impressione che un nuovo sistema nervoso si stia sovrapponendo al nostro e lo sottoponga a frequenti, minime scosse e trafitture. Così un sensorio torpido e arido viene costretto a risvegliarsi.

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C’è un’onda Baudelaire che attraversa tutto. Ha origine prima di lui e si propaga di là da ogni ostacolo.

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Fra i picchi e i cavi di quell’onda si riconoscono Chateaubriand, Stendhal, Ingres, Delacroix, Sainte-Beuve, Nietzsche, Flaubert, Manet, Degas, Rimbaud, Lautréamont, Mallarmé, Laforgue, Proust e altri, come se da quell’onda fossero investiti e per qualche momento sommersi. O come se fossero loro a urtare l’onda. Spinte che si incrociano, divergono, si diramano. Risucchi, gorghi improvvisi. Poi il corso riprende. L’onda continua a viaggiare, punta sempre verso il «fondo dell’Ignoto» da cui proveniva.

Roberto Calasso, da La folie Baudelaire (Adelphi 2008) pp. 15-16

Roberto Calasso – Scrittore e saggista italiano (Firenze 1941 – Milano 2021). Dopo essersi laureato in letteratura inglese con M. Praz, entrò giovanissimo nella casa editrice Adelphi divenendone direttore editoriale nel 1971, consigliere delegato nel 1990, presidente nel 1999 e proprietario nel 2015. Tra i suoi libri, tradotti in molte lingue, ricordiamo: L’impuro folle (1974), La rovina di Kash (1983), Le nozze di Cadmo e Armonia (1988), I quarantanove gradini (1991), Ka (1996), La letteratura e gli dei (2001), K. (2002), Cento lettere a uno sconosciuto (2003), La follia che viene dalle Ninfe (2005), Il rosa Tiepolo (2006), La folie Baudelaire (2008), ultimo tassello del retablo che ha preso avvio con La rovina di KashL’ardore (2010), la raccolta di saggi L’impronta dell’editore (2013), i saggi Il Cacciatore Celeste (2016), L’innominabile attuale (2017), Il libro di tutti i libri (2019), nel 2020 Come ordinare una biblioteca e La Tavoletta dei destini, e, tutti nel 2021, Allucinazioni americaneBobi e Memè Scianca. Postumi sono stati pubblicati i testi Ciò che si trova solo in Baudelaire (2021), Sotto gli occhi dell’agnello (2022) e L’animale della foresta (2023). Fine traduttore dal tedesco, appassionato di fotografia, ha inoltre pubblicato Sentieri tortuosi. Bruce Chatwin fotografo (1998).

Biografia – da

https://www.treccani.it/enciclopedia/elenco-opere/Dizionario_Biografico

la foto [Paris] in evidenza è di Edmondla Foto – su www.freeimages.com

lavora in biblioteca. Terminati gli studi in Giurisprudenza e in Teologia ha continuato ad approfondire i contenuti di alcune correnti spirituali d’oriente e d’occidente, ampliando, allo stesso tempo, la sua ricerca poetica. Nel corso degli ultimi anni suoi contributi, sulla poesia e la parola, sono stati pubblicati da Fara Editore e dalle Edizioni CFR. É stato condirettore della collana di scrittura, musica e immagine “La pupilla di Baudelaire” della casa editrice Le loup des steppes. In poesia ha pubblicato Legni (Ladolfi Editore, 2014 - Premio “Oreste Pelagatti” 2015), il libro d'arte Borgo San Giovanni (Fiori di Torchio, Seregn de la memoria, 2018). Al di qua di noi (Arcipelago itaca Edizioni, 2023) è la sua ultima raccolta.

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