
Antonin Artaud – il manicomio, Meister Eckhart e i segreti dell’Eterno Splendore
A Dublino, nel ’37, Artaud venne arrestato e, dopo un primo ricovero in manicomio, nel ’43 venne trasferito all’istituto di Rodez, diretto da Gaston Ferdière. E fu proprio lì, durante quel soggiorno forzato (vi rimarrà fino al ’46) – che dopo un prolungato silenzio e molte sedute di elettroshock – ricominciò a scrivere alcune lettere agli amici, alla madre, ai suoi medici, e in particolare al dottor Ferdière. In tali scritti emerge una crescente tendenza verso un anelito metafisico. Da anni, infatti, Artaud si era avvicinato ai grandi mistici, come Meister Eckhart, Taulero, Swedenborg, Böhme – approfondendo, tra l’altro, anche alcune dottrine orientali [come i tantra], soprattutto Abhinavagupta.
Le lettere alludono a manifestazioni celesti e alla ricerca del meraviglioso, ma è presente anche una forte impronta riconducibile all’esoterismo alchemico e cabalistico. Nella breve missiva qui pubblicata, il lettore attento coglierà la capacità sottile di Artaud di penetrare il nucleo ascetico di Eckhart, evidenziando una “percezione altra” molto spiccata – una sensibilità estrema – come di chi abbia avuto una qualche conoscenza diretta delle vie alluse.
Una gnosi proveniente, quindi, non da una mera erudizione esoterico-filologica, ma da una autentica esperienza spirituale.
da Adelphiana 1963-2013 (Adelphi, 2013)
Al paese dei Tarahumara, di Antonin Artaud
pp. 63-64
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Al dottor Gaston Ferdière
Rodez, 20 luglio 1943
Mio carissimo amico,
Le invio le opere di Meister Eckhart perché non voglio privarla di questa lettura che lei si augurava di fare da così tanto tempo. E perché vedo che sono i medesimi gli scritti che l’attraggono e che mi hanno attratto. Meister Eckhart non figura nel catalogo dei Santi canonizzati e tuttavia i suoi scritti sono pieni delle più sublimi verità concernenti i segreti dell’Eterno Splendore. E inoltre ci forniscono quando come lei si sa leggere Dr. Ferdière i mezzi quasi magici per arrivarci. Sì c’è nelle frasi di Meister Eckhart e nel suo stile qualcosa che accerchia il pensiero del lettore e lo incalza passo dopo passo fino a quelle regioni occulte dell’uomo in cui le parole hanno perso il loro involucro corporale e la pura anima inabituale della verità si fa da noi rivedere nella luce di un’evidenza in grado di strapparci dal corpo. Ma che ce ne facciamo di pensieri e di scritti quando è di pane e di felicità che manchiamo. Quando siamo infelici come lei e come me non ci sono più scritti umani che possano fermarci sulla strada della Miseria e ci vogliono degli sconvolgimenti suscitati dal Verbo di Dio.
Viviamo in un paese vinto e sottoposto a razionamento e in cui la mancanza di pane è diventata per me un’ossessione di tutte le ore, e lei non immagina la sensazione penosa di vuoto che crea nel sistema nervoso, quando si passa il proprio tempo a pensare e a scrivere, il fatto di non avere un pezzo di pane in più da mettersi sotto i denti tra i pasti. La sua infelicità non è di una natura tanto dissimile dalla mia, poiché se con il tempo ha dimenticato la sua disperazione, ciò non toglie che prova di continuo e sempre di più nel suo cuore quell’assenza di felicità vera che è il marchio di tutti coloro che come lei hanno creduto a un dato momento di potersi elevare al di sopra della condizione umana e si sono visti un giorno murati nella routine sordida di un’esistenza dalla quale ogni possibilità di evasione è esclusa.
Il Meraviglioso tuttavia, Dr. Ferdière, le si è manifestato più di una volta su questa terra e lei vi è entrato non solo nell’idea e in sogno ma con tutta la presenza cosciente del suo corpo. E se dopo questo si è di nuovo rivisto esposto all’avvilimento, che è lo stato patologico più comunemente ammesso e accettato in un mondo da cui ogni poesia è esclusa, creda Dr. Ferdière che la colpa non è di Dio. Dio e il Meraviglioso amico mio carissimo fanno tutt’uno e non è per caso che lei come me è stato ammaliato da alcuni nomi di Mistici, di Illuminati o di Maghi: Eckhart, Tauler, Swedenborg, Boehme, Girolamo Cardano, San Giovanni della Croce.
Laddove infatti la poesia che è solo umana non fa che ispirarci in terra il rimpianto di una cosa che non esiste, la poesia di Dio dona in natura e di fatto quello che i sogni non fanno altro che promettere e lo dona in questo mondo. Come il Paradiso Dio aveva fatto questa terra volgare, ed egli continua a mostrarcelo. Da quando ci vive questa terra è stata disseminata da Dio di prodigi, allorché le illuminazioni più insolite hanno colpito anche lei, allorché il suo cuore sempre religioso e che ama non ha perso il senso delle esigenze del Sacro. Nessuno mai come Dio ha sofferto della Religione e dei preti e per disperarsi di questa Simonia del Sacro cui oggi si abbandonano tutti i preti non è necessario essere un repubblicano. [ … ]
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Antonin Nalpas
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Adelphiana 1963-2013 (Adelphi, 2013)
Antonin Artaud, scrittore, regista e attore francese, nato a Marsiglia il 4 settembre 1896, morto a Ivry-sur-Seine il 4 marzo 1948. Fu tra i primi aderenti al surrealismo; diresse (1925) la rivista Centrale surréaliste; successivamente abbandonò il movimento (1927). Come attore cinematografico interpretò film di C. Autant-Lara e di C. Th. Dreyer. Come regista teatrale può considerarsi un innovatore: mise in scena la sua pochade Le ventre brûlé ou la mère folle (1928) e la sua tragedia Les Cenci (1935). L’attività poetica e letteraria è tuttavia prevalente nella sua personalità.
da Enciclopedia Treccani online
La biografia completa Qui: https://www.treccani.it/enciclopedia/antonin-artaud_(Enciclopedia-Italiana)/
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