da “Al di qua di noi” di Paolo Pistoletti, una poesia – “io che poi”
[chi da per sempre
torna chi parte
sono]
.
Io che poi la strada
prende il mio posto.
Tu che poi io
via alberata
sostituisci me.
Che mi fui affidato
da nessuna pietà celeste.
Che chi ho qui ha di nuovo
male alle foglie, alle case
alle mura.
Che da fuori del temporale
ho già l’aria
di chi non c’è.
Dall’incessante giungo.
A lui ritorno.
Fine pena mai.
Si carica un altro mondo
da qualche altra parte
che non so. Così un altro io
che sarò stato
si sottrae dal mio nome.
Mi manchi all’appello mia dispersione
tra gli innumerevoli.
È l’ora
di non esserti più.
È l’ombra di andarsene.
Del mio tempo
verso dentro
una terra liquida
prima di nascere. Postumi dal cielo
amniotico
tra le acque rotte
mi ritrovo ogni volta
nato come dopo una sbronza
di dèi. Ancora un io vuoto
a perdere
un corpo
da ogni mio corpo come un estratto
da ognuno di me.
Mi succedo
dal mio sé.
Dal non ricordo oramai
di quante vite.
…
Paolo Pistoletti, Al di qua di noi. Prefazione di Fabio Franzin (Arcipelago itaca Edizioni, 2023)
foto di Redo_72 su Pixabay
articoli collegati:
da “Al di qua di noi” di Paolo Pistoletti – una poesia: “dal tuo ritratto” – il Cipresso Bianco
da “Al di qua di noi” di Paolo Pistoletti, una poesia. “Negli spazi rimasti” – il Cipresso Bianco