POETICA

Sergio Solmi – Meditazioni sullo scorpione. Memoria e creazione

L’opera e la sua creazione. L’idea iniziale come una “folgore” tra le tenebre, e poi la memoria con le sue ombre. Il distacco da sé, da tutto quello che non ci appartiene più. In queste poche righe Sergio Solmi ci offre, con la sua prosa, i barlumi della sua poetica.

da Meditazione sullo scorpione (Adelphi) pp 13-14

MEMORIA E CREAZIONE

Chi, rileggendo per la terza o quarta volta di seguito la pagina appena scritta, se non è affetto da incorreggibile presunzione, può trattenere un moto di nausea? Avviene in quel caso come a chi guardasse alla lente una guancia di fanciullo, che non saprebbe spiegarsi quante rugosità, e solchi, possano celarsi in tanto rosea floridezza.

I rappezzi, le imbastiture, i penosi ritorni del pensiero su se stesso, le distrazioni improvvise, in cui il filo del discorso s’attenua in un’immagine incompiuta o consueta, in un concetto inesatto o approssimativo, e il limite oltre il quale l’intenzione primitiva voleva giungere, e che non è stato neppure raggiunto, tutte queste deficienze sono a volte impercettibili, se non si mettono in relazione coll’idea iniziale, che sembrò sfolgorare di vicina e raggiungibile perfezione. La labilità di questo delicato organismo ch’è la memoria, le tenebre che cadono da ogni parte, il demonio dell’indolenza e del

sonno che ci insidia ad ogni attimo, questi sono i nemici contro cui la santa forza dello scrittore impegna una lotta perenne senza vittoria e senza pietà, e di cui l’opera porterà irreparabilmente le cicatrici profonde.

Gli antichi combatterono contro questi fantasmi nell’unico modo possibile: costruendo dei grandi canoni, adeguandosi ai quali lo scrittore trovava rifugio e salvezza e poteva controllare materialmente la concretezza dell’opera compiuta. Nel rapporto con un’immagine prestabilita, nella umana modestia della sommissione alle Regole, egli poteva trovare un primo saldo riconoscimento del proprio lavoro, un primo valore sicuro ed indiscutibile su cui poggiare.

Negato il modello primo, la Natura perfetta e incorruttibile, ricondotta la verità e la convenienza delle scritture al gioco stesso dell’articolazione dei pensieri e delle immagini, a un labile criterio interiore, rieccoci in preda di nuovo alla fragilità irreparabile della nostra indole, a quelle voragini discrete che s’aprono ad ogni passo del nostro incerto cammino, e nelle quali una volta o l’altra è giocoforza cadere.

Ogni nostra immagine è scolpita in una materia dura e nemica, e porta i segni dello sforzo e del dolore. Ogni nostro pensiero è frutto di innumerevoli errori, è un bagliore faticosamente fermato nella notte, circondato da ogni parte dalle tenebre originarie, che a tratti sembrano estendersi ad oscurarlo. L’unica salute che si può sperare è nella stessa infinita debolezza della nostra memoria, nella capacità della nostra struttura umana di staccarsi continuamente da sé e dalle sue fuggevoli creazioni. Ricondotto il tempo fra noi e l’opera compita, distrutti in gran parte gli innumerevoli legami che ci avvincevano a lei, divenuta finalmente concreta ed opaca come tutti gli oggetti dell’indifferente natura, ecco che noi possiamo finalmente riaffacciarci ad intenderla, eccola irraggiungibile ormai e compita, valore esistente e perfetto sì, ma non più nostro.

                                                                                                                       (1925)

Sergio Solmi, Meditazioni sullo scorpione (Adelphi 2016) pp.13-14

Sergio Solmi , critico e poeta (Rieti 1899 – Milano 1981); fondatore, con G. Debenedetti e altri, della rivista torinese Primo tempo (1922-23); socio corrispondente dei Lincei (1968). La sua notevole produzione saggistica ha spaziato dalla letteratura francese (Il pensiero di Alain, 1930; La salute di Montaigne e altri scritti di letteratura francese, 1942; Saggio su Rimbaud, 1974) alla paraletteratura (Della favola, del viaggio e di altre cose. Saggio sul fantastico, 1971), da Leopardi (Studi e nuovi studi leopardiani, 1975) alla letteratura contemporanea, che ha penetrato con fine intelligenza (Scrittori negli anni, 1963). È stato poeta tanto originale quanto radicato nella tradizione italiana (Fine di stagione, 1933; Poesie, 1950; Levania e altre poesie, 1956; Dal balcone, 1968; Poesie complete, 1974), nonché felice traduttore (Versioni poetiche da contemporanei, 1963; Quaderno di traduzioni, 1969; Quaderno di traduzioni II, 1977); da ricordare anche la raccolta di prose poetiche Meditazioni sullo scorpione (1972).

La biografia completa Qui: https://www.treccani.it/enciclopedia/sergio-solmi_%28Dizionario-Biografico%29/

lavora in biblioteca. Terminati gli studi in Giurisprudenza e in Teologia ha continuato ad approfondire i contenuti di alcune correnti spirituali d’oriente e d’occidente, ampliando, allo stesso tempo, la sua ricerca poetica. Nel corso degli ultimi anni suoi contributi, sulla poesia e la parola, sono stati pubblicati da Fara Editore e dalle Edizioni CFR. É stato condirettore della collana di scrittura, musica e immagine “La pupilla di Baudelaire” della casa editrice Le loup des steppes. In poesia ha pubblicato Legni (Ladolfi Editore, 2014 - Premio “Oreste Pelagatti” 2015), il libro d'arte Borgo San Giovanni (Fiori di Torchio, Seregn de la memoria, 2018). Al di qua di noi (Arcipelago itaca Edizioni, 2023) è la sua ultima raccolta.

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